Considerazioni...

Vorrei farmi latore verso il gentile pubblico di una considerazione - "una tantum" - a margine dello sconcertante spettacolo incentrato sulla figura di Domenico Piro alias "Duonnu Pantu", portato in scena lo scorso venerdi a Cosenza [Lungofiume Boulevard]. In questo mio vagheggiare attingero' a mani basse dalla tradizione locale, riferendomi ad una celebre disputa intervenuta tra il "gran vastaso" - per citare il compianto Palange - e il poeta napoletano Nicola Capasso: "E mò chi sî puetune, anzi puetazzu, famme ‘na rima a ‘stu grupu de c*** e ‘nu suniettu a ‘stu curmu de c***..." Ed ancora: "[E tu] Puèta ‘ncurunatu de gramigna, dimmi: picchì cra-cra fa lu ranunchiu? E spiegami lu misteru de ‘sta min*** picchì prima si stenna e pu’ s’arrunchia?". Cordialmente Søren

Commenti

  1. Allego il comment apparso su Facebook, opera del sodale Giulio Le Pera: "Il problema non è stato tanto il pur improponibile dialetto cosentino, quanto, piuttosto, l'assenza di ogni minima coerenza testuale, corredata da una messa in scena senza né capo né coda, che ha utilizzato il comodo richiamo a Dùonnu Pantu in maniera indecentemente pretestuosa, presentandolo come una macchietta da cabaret di quart'ordine. In poche parole, ciò cui abbiamo avuto la ventura di assistere non si può definire particolarmente brutto: è da fucilazione".

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    1. Del resto al volgo puoi propinare di tutto. Faccio mia la seguente citazione: Odi profanum vulgus et arceo. Favete linguis [Orazio, Odi, III, 1, 1].

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