152 anni fa i decreti garibaldini di Rogliano

Nel corso della tumultuosa campagna che avrebbe determinato il tracollo del Regno delle Due Sicilie, Giuseppe Garibaldi, ospite a Rogliano di Donato Morelli, esponente locale antiborbonico e grande latifondista, emanava, “in nome dell'Italia e di Vittorio Emanuele II”, alcuni provvedimenti a noi noti come i “Decreti di Rogliano” (31 agosto 1860).Detti “Decreti” sembravano venir incontro alle richieste delle classi popolari e contadine, ponendo fine ad una plurisecolare lite, che vedeva opposti popolo e proprietari terrieri, circa lo sfruttamento delle terre silane. I “Decreti”, infatti, prevedevano l’abolizione della tassa sul macinato “per tutte le granaglie eccettuato il frumento, pel quale è conservata la tassa esistente nei diversi comuni"; mentre il prezzo del sale era "dalla di quest’oggi ridotto da grani otto a grani quattro per ciaschedun rotolo”. Ma, ancor più importante, venne sancita da Garibaldi la possibilità per “gli abitanti poveri di Cosenza e Casali” di utilizzare gratuitamente i terreni “usi di pascolo e di semina nelle terre demaniali della Sila. E ciò, provvisoriamente, sino a definitiva disposizione”. Si trattava, in altri termini, di un mezzo per accattivarsi le simpatie del popolo basso, scongiurando qualsiasi tentativo reazionario di ampio respiro.Tuttavia, i citati “Decreti” – tra l’altro vanto e millanto delle varie amministrazioni roglianesi – furono resi inefficaci e in pratica aboliti da un provvedimento, di soli cinque giorni successivo alla partenza di Garibaldi da Rogliano. A firmarlo, proprio il summenzionato Donato Morelli (celebrato dalla storiografia locale come un grande patriota) che l’Eroe dei due mondi aveva nominato “Governatore generale della Calabria Citeriore”. Il decreto di Morelli prevedeva, fra l’altro, che “il conceduto esercizio degli usi civici non pregiudicherà al diritto che ne hanno i proprietari di far valere le loro ragioni avverso le ordinanze de’ passati Commissari in forza delle quali i loro antichi possessi in tutto in parte sono stati reintegrati al Demanio od ai Comuni; diritto che loro resta riservato, e che loro resta riservato, e che sarà rispettato per quei proprietari che hanno fatto rivocare le ordinanze commissariali emesse”. In pratica, tutto tornava come prima: un ritorno al passato, sanzionato dalla successiva legislazione piemontese che, vanificando la precedente borbonica – rivolta nell’opposta direzione di aggiudicare le terre ai contadini ed alle municipalità di Cosenza e dei Casali limitrofi, segnava un punto definitivo a favore dei proprietari – usurpatori di terre e dei grandi latifondisti.Del resto, come poteva il nascente Stato contrapporsi agli interessi di quella aristocrazia terriera e baronale che, intuendone i notevoli vantaggi, aveva foraggiato il movimento rivoluzionario, abbandonando la monarchia Borbone al suo destino?

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