Dedicato a Maria Grazia

Dieci anni fa rimasi sconvolto alla notizia della morte di Maria Grazia Cutuli, l'inviata del Corriere della Sera trucidata in Afghanistan sulla via per Kabul.
Vi ripropongo in integrale l'articolo che scrissi all'epoca per onorarne la memoria.
Per non dimenticare.
"Lunedì 19 novembre 2001, gola di Sarobi, Afghanistan orientale, sulla strada che porta da Jalalabad a Kabul, uno sparuto gruppo di sbandati talebani blocca un’automobile con a bordo dei giornalisti. Intima agli occupanti di scendere, poi, dopo un breve alterco, massacra gli stessi a sangue freddo.
Così se ne sono andati Maria Grazia Cutuli, 39 anni, inviata di guerra del Corriere della sera e i suoi tre colleghi. Quattro vite falciate in un attimo.
Se n’è andata così, in quello che è il paese che più riduce le donne all’invisibilità. Presa a sassate perché era una donna, una testarda donna occidentale che non voleva saperne di fermarsi; e poi finita da una raffica di kalashnikov alle spalle perché era una giornalista. Una morte assurda, incomprensibile ma reale.
Non conoscevo personalmente Maria Grazia, è ovvio, ma, da assiduo lettore del Corriere, apprezzavo le sue corrispondenze, i suoi resoconti particolari che tratteggiavano gli aspetti meno noti del conflitto. Una voce libera e coraggiosa, una giornalista seria, scevra –nei suoi elaborati- da ogni retorica. E dire che proprio quel giorno, mentre leggevo l'ultimo reportage ironizzavo sulla sua presenza in Afghanistan, mai pensando che la morte avesse fatto il suo corso.
Non si può rimanere impassibili di fronte alla macelleria rusticana (anzi afghana) di Maria Grazia e dei suoi colleghi. Non è possibile restare inerti, apatici di fronte a chi cerca di imporre l’oscurantismo dell’informazione, il nichilismo esistenziale e culturale, la morte della ragione, con le armi ed i massacri.
Maria Grazia era cosciente dei rischi cui andava incontro. Si è immolata in nome della libertà dell’informazione e della cultura. Valori che, come ha scritto il direttore del Corriere, Ferruccio de Bortoli, sono stati sepolti dai talebani sotto un enorme e medievale burqa. E se la vita di una giornalista come Maria Grazia non vale certamente più della vita di un infermiere, di un bambino, di una madre, di un vecchio, colpiti al mercato da una cannonata o – come ha causticamente e sprezzantemente affermato il direttore del Tg5 Mentana – di un pompiere che muore compiendo il suo dovere, la sua morte spegne un’altra candela che ha cercato di far luce nel buio della disinformazione che tutti i governi, tutti i generali, tutti i propagandisti, sempre cercano di calare sulle guerre".

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